La situazione della fisica in Toscana fra il ‘600 e il ‘700

Dopo lo scioglimento dell’Accademia del Cimento, avvenuto nel 1667, anche i suoi appartenenti si disgregarono; ciò nonostante, a Pisa rimase un gruppo di studiosi che mantenne un notevole interesse intorno alla medicina, alle scienze naturali e ai fenomeni fisici.
Questi professori avevano come luogo di sperimentazione la Fonderia annessa al Giardino dei Semplici di Pisa e, fra questi, ricordiamo il matematico Guido Grandi (1671-1742), il botanico Michelangelo Tilli
(1655-1729), il filosofo Carlo Taglini ( -1747) e il medico Giuseppe Zambeccari (1655-1729).
Molti esperimenti furono realizzati con l’utilizzo di una pompa a vuoto che era stata collocata nella Fonderia nel 1697 quando l’Università di Pisa l’aveva ricevuta in dono da Anna Maria Luisa de’ Medici. Si trattava di una pompa ad un solo pistone costruita, proprio nel 1697, a Leida da Johan Musschenbroek. Con questo strumento, si realizzarono diversi esperimenti «sotto vuoto» per studiare il comportamento di sostanze, di organismi e di animali in assenza di aria (ad esempio l’evaporazione veloce e l’ebollizione di liquidi a temperatura ambiente).
A Firenze la situazione che si venne a creare alla metà degli anni quaranta fu a dir poco disastrosa. Con l’insediamento (1737) dei Lorena in Toscana era arrivato a corte il fisico lorenese Philippe Vayringe (1684-1745), convinto sostenitore di quello sperimentalismo newtoniano, tipico olandese, in cui veniva trascurata la parte matematica ed enfatizzata la dimostrazione sperimentale.
Nel 1746, dopo la morte di Vayringe, su ordine della corte viennese, quasi tutti gli strumenti scientifici presenti a palazzo Pitti (che già aveva perduto parte delle sue collezioni di strumenti a causa di
danneggiamenti o donazioni) furono trasferiti nel collegio teresiano vicino alla capitale asburgica. Si trattava di strumenti appartenuti alle collezioni dei Medici: globi, squadre, compassi, righe, strumenti di
meccanica, piccoli planetari, specchi ustori, piccoli recipienti per la chimica ed alcune pompe pneumatiche. Gli unici pezzi che rimasero a Firenze furono quelli danneggiati o difficili da trasportare e quelli realizzati e utilizzati dall’Accademia del Cimento, in quanto considerati inutili per un moderno gabinetto di fisica (si trattava per lo più di termometri, vasi cilindrici di vetro e tubi di vetro).

H. var der Mij, «Jan e Pieter van Musschenbroek», 1715.
In secondo piano a sinistra la pompa a vuoto ad un solo pistone, uguale a quella del Museo degli Strumenti
di Fisica.